Modena 1859. Un papà e il suo figlioletto sono in vacanza, decisi a passare qualche giorno in pace e tranquillità. Ma quando il bambino si chiama Sherlock le cose non sono mai semplici. Il dectective, che ancora non sa di esserlo, deve risolvere il mistero di un furto che sembra banale ma che invece lo condurrà a sventare un attentato ai danni del duca e a salvare dalla galera un povero ragazzo. Per il giovane Holmes è solo il primo dei tanti passi che lo condurranno alla gloria.
Primo capitolo
«Mister Holmes? Lei è mister Holmes?»
L’uomo si girò.
La sua magra figura risaltava nettamente tra la folla che sostava davanti alla stazione ferroviaria. Indossava un’elegante redingote nera con cilindro e bastone stretti nelle mani.
Guardò l’uomo che si sbracciava per attirare la sua attenzione e sorrise.
«Sì, sono io. Lei parla perfettamente l’inglese!»
«Grazie! Frutto dei miei studi. Sono Emanuele Anceschi e vi farò da interprete e guida durante la vostra sosta nella città dì Modena.»
Ciò detto fece un cenno con la mano a un facchino che, poco lontano, attendeva i suoi ordini. L’ometto sgambettò verso di loro e afferrò rapido le due pesanti valigie che Holmes aveva posato a terra.
«Se ha la pazienza di aspettare un attimo... A breve dovrebbe arrivare una carrozza. Il duca l’attende. Oggi fa caldo, ma sotto quell’albero ci sarà certo un po’ di fresco. Anselmo, seguici.»
Il facchino si preparò a obbedire, ma Holmes non si muoveva. Sollevò lo sguardo coprendosi gli occhi con la mano guantata.
«Non si preoccupi. Il sole non mi dà fastidio. Da dove provengo ne vediamo talmente poco...»
«Ah, Londra. Ci sono stato, una volta. Bella città ma, sì, un po’ grigia. Ma anche da noi, sa, in certe giornate c’è una nebbia che si taglia con la lama di un coltello!»
Holmes accennò un sorriso. In quel momenti si sentì tirare per la giacca.
Abbassò il capo: un ragazzetto cercava di attirare la sua attenzione.
«Padre? Intanto che aspettiamo, facciamo il solito gioco?»
Lui sospirò accondiscendente.
«Va bene, ma appena arriva la carrozza...»
«Oh, perfetto! Ecco, per esempio... guarda quell’uomo!»
Con il suo piccolo dito il ragazzino indicò un signore elegante, fermo a pochi passi da loro, che non stava facendo nulla di particolarmente significativo.
Aspettava, niente di più.
«Sì, lo vedo. E allora?»
«Indovina.»
«Non vedo cosa...»
«Ecco, sono sicuro che vene da Torino. Un bel viaggio lungo, non c’è che dire... Ha perso i suoi bagagli e sta aspettando la fidanzata. Forse le chiederà di sposarlo.»
«Ma come... Sherlock, ti prego. Stai tirando a caso, come sempre!»
«Ma io...»
Un rumore li interruppe.
«Ecco la carrozza!», disse il funzionario ducale che nel frattempo era rimasto in disparte ad ascoltare curioso il loro strano dialogo. «Andiamo, presto!»
Un fiacre trainato da due splendidi cavalli bianchi si era fermato a pochi passi da loro. Mentre veniva trascinato dal padre, il ragazzino guardò l’uomo che aveva indicato, per un’ultima volta.
Rivide chiaramente il pacchetto a forma di cuore con il nastro rosa e la scritta Baratti che aveva sotto un braccio, la scatoletta per anelli che gli spuntava da una tasca della giacca, la barba di almeno due giorni e l’ampio sorriso che gli illuminava il viso.
Mentre lo sportello della carrozza si chiudeva, Sherlock fece in tempo a scorgere una giovane ragazza che gli correva incontro a braccia tese. Lui alzò la scatola di cioccolatini come a salutarla con tutta la dolcezza di cui era capace.
«Visto?»
«Cosa? Su, andiamo. Non è il momento per giocare, questo.»
Il funzionario ducale si accomodò di fronte a loro, poi bussò sul soffitto della carrozza per far segno al conducente. I due cavalli partirono subito al galoppo.
«Bene, tra pochi minuti saremo arrivati a palazzo. Intanto, godetevi il panorama.»
«Perfetto», disse Holmes. Poi, visto che il figlio si era zittito, si girò e gli sorrise.
«Lo so che ti piacciono queste sfide Sherlock, ma io non le capisco, davvero. A cosa ti serve tutto questo? Osservare le persone, indovinare ciò che fanno...»
«Io non indovino, capisco» rispose lui offeso. Quindi continuò: «Non so, mi diverte e magari un giorno... chissà, forse mi potrà essere utile!»
Quello strano pensiero gli accese gli occhi di gioia. Poi si girò verso il finestrino e si perse a guardare il panorama.