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Durante una visita a Bologna insieme a zia Celestina, gatto Gnao s’imbatte per caso in un terribile ladro che sottrae ai senzatetto della città i loro ricordi più cari.
Con l’aiuto di uno strano cane di nome Rufus, Gnao si getta con coraggio all’inseguimento attraverso portici, strade e piazze per assicurare alla giustizia il rubaricordi e il suo complice e salvare una gattina rapita.

Primo capitolo

Il treno Frecciarossa scivolava veloce sulle rotaie in direzione di Bologna.
Zia Celestina se ne stava comodamente seduta leggendo il giornale mentre sul sedile al suo fianco era appoggiato il trasportino dove sonnecchiava annoiato gatto Gnao.
In verità il grosso gatto grigio non si chiamava Gnao, quella era l’abbreviazione del lungo, pomposo nome che il conte Rodolfo gli aveva dato quando era ancora un cucciolotto.
Gnao infatti stava per Giangiorgio Neroni Alfonsetti Ottavo.
I conti Neroni avevano sempre posseduto felini fin dal medioevo, precisamente dai tempi di Ottobello Neroni, cavaliere di ventura, che andava in battaglia in compagnia del suo gatto, Raffaello Neroni detto il Codaliscia.
Il primo gatto di nome Giangiorgio invece risaliva al 1700 quando i Neroni s’erano uniti con la nobile famiglia degli Alfonsetti, tramite un sontuoso matrimonio.
Gnao però era destinato a essere l’ultimo gatto dei Neroni Alfonsetti perché i conti non avevano avuto figli e dopo la morte del consorte la contessa Almabella Celeste Marinelli, da tutti chiamata zia Celestina, era rimasta sola a villa Marcolina. Il suo unico, grande affetto era la figlia di sua sorella Ildabella, che viveva a Bologna dove frequentava la facoltà di Storia all’Università.

Quella soleggiata, ma fresca mattina di fine ottobre, zia Celestina e gatto Gnao stavano proprio andando a Bologna a trovare la cara nipote Olivia.
I vagoni come sempre erano affollati di studenti e pendolari che si recavano al lavoro e un brusio di voci si mescolava al rumore del treno in movimento.
Sui sedili di fronte a loro sedevano una giovane mamma e un bambino di circa cinque anni dalla faccia paffuta e dai riccioli castani.
Il piccolo sbirciava insistentemente dentro la gabbietta cercando di vedere meglio il felino che sonnecchiava nascondendo il musetto dietro le zampine pelose.
Quando Gnao aprì un occhio sobbalzò scorgendo davanti allo sportello di metallo il faccino rotondo del bimbo che lo fissava con gli occhi sgranati.
«Lasciami dormire» brontolò il gatto.
«Gatto grasso» fece il bimbo con un gridolino divertito.
«Grasso a chi?» miagolò Gnao infastidito, ma il bambino non poteva capire, non conoscendo la lingua felina.
«Gatto mooooolto, mooooolto grasso» insistette infilando pure un ditino nelle maglie dalla gabbietta per toccargli il morbido pelo.
Gnao sobbalzò di nuovo iniziando a soffiare.
«Lascia stare quel gatto, Paolino. Non mi sembra molto amichevole» disse la signora afferrando il figlioletto per un braccio e tirandolo indietro.
«Non è pericoloso, è solo un po’ permaloso» intervenne zia Celestina con un lieve sorriso.
La donna la guardò poco convinta.
«Come si chiama?» chiese Paolino indicandolo col dito.
Zia Celestina appoggiò il giornale sulle gambe. «Il suo nome è Giangiorgio Neroni Alfonsetti Ottavo, ma per fare prima lo chiamiamo tutti Gnao.»
«Ciao, gatto Niao.»
«Gnao, ha detto Gnao!»
«Sì chiama Gnao, piccolo» lo corresse la zia.
«Miao.»
«Che pazienza, Gnao!»
«Gatto popio, popio grasso.»
Gnao alzò gli occhi al cielo. Quel bambino era ‘popio, popio’ fastidioso.
Fortunatamente una voce proveniente da un altoparlante annunciò l’arrivo del Frecciarossa alla stazione di Bologna centrale.
Zia Celestina ripose il giornale nella grossa borsa di tessuto, chiuse i bottoni dorati del cappotto verde e si sistemò il foulard intorno al collo. Quindi raddrizzò sui riccioli azzurrini il buffo cappellino di feltro con un grosso fiore rosa cucito sopra. Vista la sua camminata agile e i suoi modi sicuri, non dimostrava affatto i suoi sessantasette anni.

Scendendo dal vagone però sbuffò rumorosamente. «Dopo tutto quel bimbo non aveva tutti i torti. Sei proprio ingrassato Gnao. Senti un po’ quanto pesi. Quando torniamo a casa ti metto a dieta. Basta salmone del mare del nord e arrosto con patate novelle. D’ora in poi solo insalata e pomodorini, broccoli e carote, fagioli e pisellini.»
La fronte pelosa di Gnao si corrugò e gli occhi gialli si spalancarono terrorizzati.
«Dieta? Verdure crude? Verdure cotte? Verdure verdi?»
Iniziò a miagolare disperatamente mentre zia Celestina si tuffava nell’affollata stazione in cerca dell’uscita.